Quarantatré anni di latitanza, dieci anni di carcere in regime 41 bis, una lunga malattia e il coma, questi sono stati gli ultimi anni di Bernardo Provenzano, il boss dei boss, morto nell’ospedale di San Paolo di Milano il 13 luglio 2016.
Onoranze Funebri Roma, specializzato nell’organizzazione di funerali nella Capitale, ricorda in poche righe la vita del boss dei boss: Provenzano era nato nel 1933 a Corleone e fin da giovane si era legato a Cosa Nostra della quale, dal 1993, fu considerato il capo. Dopo oltre quarant’anni di latitanza, Provenzano fu arrestato nell’aprile 2006 presso una masseria a Corleone: un vero e proprio bunker dal quale Provenzano riusciva a muovere i fili di Cosa Nostra senza mai uscire.
Sul capo del mafioso pendono tre ergastoli che valsero la reclusione nel carcere prima di Parma poi di Milano in regime 41 bis, cioè di carcere duro senza alcuna possibilità di comunicazione con la famiglia e con gli altri detenuti (misura cautelare per evitare la possibilità di scambio di informazioni). E il regime 41 bis non è stato revocato, nonostante le richieste dell’avvocato difensore, nemmeno con Provenzano in coma.
A tal proposito, il giudice di sorveglianza di Milano, aveva addotto questa motivazione appena due giorni prima della morte: “i trascorsi criminali e il valore simbolico del suo percorso criminale” lo espongono, “qualora non adeguatamente protetto nella persona” e “trovandosi in condizioni di assoluta debolezza fisica”, ad “eventuali rappresaglie connesse al suo percorso criminale, ai moltissimi omicidi volontari dei quali è stato riconosciuto colpevole, al sodalizio malavitoso” di cui è stato “capo fino al suo arresto”.
Il questore di Palermo Guido Longo ha inoltre vietato i funerali pubblici del boss senza commentarne la dipartita con altre parole; ben più diretto il commento del sindaco di Corleone che ha definito la morte del boss come una liberazione da un cancro.