Il giornalista e regista Claude Lanzmann è morto a Parigi all’età di 92 anni. Il suo nome è principalmente legato al film/documentario, Shoah (1985), che lo impegnò per ben undici anni con una durata record della pellicola di nove ore e mezza. Opera fondamentale sulla tragedia dell’Olocausto, il film è stato oggetto (e lo è tuttora) di studi, seminari e recensioni, ottenendo le più alte onorificenze e premi in numerosi festival cinematografici.
Claude Lanzmann nacque a Parigi nel 1925 da genitori bielorussi di religione ebraica e fin da studente liceale appoggiò la Resistenza contro l’occupazione nazista. Divenuto docente all’Università di Berlino, nel periodo del famoso blocco, conobbe il filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre fondatore della rivista Les Temps Modernes di cui Claude Lanzmann divenne un assiduo collaboratore fino a ricoprirne il ruolo di direttore fino alla sua morte. In quegli anni la sua attività di giornalista lo portò ad occuparsi principalmente di due temi: l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia e l’impegno a favore dello stato di Israele. Negli ambienti a lui vicini queste due posizioni sembravano inconciliabili se non contraddittorie ma Claude Lanzmann non fu mai di questo parere. Organizzò un numero speciale di Les Temps Modernes di oltre mille pagine nel quale per la prima volta si confrontarono le posizioni arabe ed israeliane riguardo il loro conflitto in corso. Parallelamente alla sua attività di giornalista, iniziò quella di regista e sceneggiatore realizzando il film Porquoi Israel per rispondere ai suoi antichi compagni di lotta anticolonialista che consideravano inconciliabile tale posizione con la sopravvivenza dello stato di Israele. Ne uscì un film fortemente realistico e mai fazioso sulla realtà israeliana che ottenne un considerevole successo di pubblico a livello internazionale. Successivamente Claude Lanzmann iniziò il suo lavoro più importante, il già menzionato Shoah, per poi terminare la sua Trilogia nel 1994 con il film Tsahal.
Nel 2013 uno dei suoi lavori più meritori. Riprendendo la lunga intervista filmata del 1975 al rabbino di Vienna Benjamin Murmelstein, pubblicò il documentario L’ultimo degli ingiusti. L’obiettivo fu quello di riabilitare agli occhi dell’opinione pubblica mondiale la figura dell’unico tra i decani dei ghetti dell’Europa occupata dai nazisti ad essere sopravvissuto alla morte nei lager. Obbligato ad operare nel campo di concentramento di Theresienstadt, spacciato dalla propaganda nazista come una città modello per gli ebrei, Murmelstein si prodigò per rallentare il processo di sterminio in corso in attesa della sconfitta tedesca. Sebbene le ingiuste accuse di collaborazionismo con i tedeschi caddero, il rabbino fu fatto oggetto di ostracismo dalla propria comunità, in particolar modo quella di Roma dove andò a vivere. Il merito di Claude Lanzmann fu di raccontare come andarono realmente i fatti. La sceneggiatura integrale del documentario è stata stampata in anteprima in Italia dall’editore Skira.